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SPERIMENTAZIONI E COSTRUZIONI


 


Quello che noi vediamo (quindi la luce) è "la luce fisica"  e ha sempre la sua origine nel passato, anche se l'origine è una stella o di una candela.  Partendo da questo presupposto andremo a lavorare nel passato per effettuare guarigioni nel futuro. Il termine “adesso” non esiste perché non riusciamo a fermare il tempo.

PROGETTI:

1. T.M. Time Machine Device (2015)

La teoria è molto complessa da descrivere ma funzionante. Questa apparecchiatura, di semplice uso si può definire come uno spazio infinito multidimensionale.  Al suo interno vi sono lastre di mumetal (materiale amagnetico usato dalla Nasa) con specchi e un antenna o giogo. Le bobine del giogo, percorse da corrente, generano due campi magnetici perpendicolari tra loro. L’intensità del campo magnetico è direttamente proporzionale al numero di spire impiegate ed all’intensità della corrente/segnale. Essendo il numero delle spire costante, il campo elettromagnetico varierà al variare dell’ampiezza della corrente/segnale e del verso. La corrente/segnale variabile che circola nelle bobine, aumentando di valore durante la scansione di andata e diminuendo durante la scansione di ritorno, genera un campo magnetico variabile. La Forza di Lorentz generata è ortogonale alla direzione del campo magnetico. Il fascio elettronico, passando attraverso ai due campi magnetici, viene deviato e colpisce il testimone radionico.

Specifiche: (Il giogo di deflessione consiste in due avvolgimenti, le bobine orizzontali e quelle verticali, poste sopra un nucleo di ferrite, il tutto contenuto in un’apposita struttura di plastica).

 

 

 

 SEZIONE ORIZZONTALE

La sezione orizzontale consiste in un numero pari di bobine connesse tra loro e con la loro metà per ciascun lato del nucleo di ferrite. Le bobine orizzontali sono orientate sopra l’asse verticale nella parte avanti della parte interna del giogo. 

SEZIONE VERTICALE

La sezione verticale è normalmente composta da un paio di bobine connesse in parallelo, e sono orientate sopra l’asse orizzontale, si trovano nella parte più esterna del giogo.


 

2. GADA Gestore Accesso Dimensionale Afisico (2016)

I principi su cui si basa questa tecnologia travalica i limiti imposti dal modello fisico comunemente accettato a partire dal principio di Einstein secondo il quale “nessun tipo di comunicazione può viaggiare ad una velocità superiore a quella della luce” e ci regala l’evidenza dell’esistenza di una realtà multidimensionale a cui, da tempo, ci stiamo a poco a poco assuefando; già nel 1982 il fisico francese Alain Aspect era giunto alla scoperta che, in determinate circostanze, particelle subatomiche sono in grado di comunicare istantaneamente l’una con l’altra indipendentemente dalla distanza. Oggi sappiamo che anche il nostro DNA risponde simultaneamente a stimoli emotivi indipendentemente dalla distanza dal corpo fisico a cui appartiene.

 La Tecnologia.

La tecnologia GADA LAB è costituita da cinque parti: il dispositivo di acquisizione audio video del soggetto, una camera chiusa a specchi con plasma (con controllo video ir), in grado di aprire uno squarcio che consente la comunicazione diretta con l’altra dimensione, un computer (ed il software annesso), un modulo a campi magnetici torsionali collegato con una macchina radionica specifica.


Il plasma agevolerebbe la comunicazione fra le dimensioni, nello stesso tempo, uno specifico campo elettromagnetico che circonda il plasma permetterebbe a una parte del plasma stesso di divenire “non-locale” ed attraversare lo squarcio dimensionale, mettendo così in comunicazione il plasma locale con quello “non-locale”. Attraverso il ponte dimensionale così stabilito si formerebbero comunicazioni bi-direzionali .
Stabilita la linea di comunicazione, vengono inviate informazioni sull’individuo alla parte “non locale” del suo subconscio e vengono ricevute, in risposta, informazioni matematiche che, una volta tradotte in soluzioni efficaci per il soggetto, sono utilizzate per il ripristino delle sua condizioni ottimali di ben-essere.

Tutto questo può essere fatto senza la presenza in locale del soggetto, ma solamente acquisendo un file ipg+audio di 10 sec.

Fatto questo viene processata la voce con analisi delle formanti vocali e l'immagine immessa nella camera plasma. Il software rimanderà in locale la nuova sequenza correttiva che verrà trasformata in suono udibile. il tutto verrà inserito in un app. Android e il soggetto dovrà ascoltare tramite auricolari la frequenza riparatrice per una durata di tre settimane due volte al giorno.

ULTERIORI APPROFONDIMENTI NEL SITO:

http://www.radionicaitaliana.it/gadatechnology


3. P.M.C Photon Magnetic Chronovision (2019)

vedi video: https://photos.app.goo.gl/pgsz4qdCirRhCGRg7

 

4) T.M.Q. Time Machine Quantic Device (2019)

5a) T.M. RAD

5b) A.M.T.  Artificial Magnetic Tunnel

5c) G.P.V. GRID POINT VORTEX

 

 

 


APPROFONDIMENTO:

FISICA DELLE ONDE

 


 

UNA FRECCIA ROTANTE

La figura mostra un punto P che gira lentamente su una circonferenza in senso antiorario.
Al posto del punto possiamo visualizzare un vettore ovvero una "freccia rotante" OP (come la lancetta di un orologio).

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236031376333/onde/Onde_html_m116c0f68.gif

 

Perché la freccia gira in senso antiorario ? Mah , è una scelta arbitraria tanto per scegliere un verso e per misurare l'angolo α (alfa), detto "angolo di fase" ovvero semplicemente "fase", a partire da un'origine arbitraria A.
Il punto gira e la fase α aumenta, il punto ripassa su A e la fase α riparte da zero, gira e gira e ogni volta che il punto passa per A tutto si ripete come prima in modo monotono (mi raccomando, non ti addormentare).
Si dice che il moto osservato è "periodico".
Osservando il punto non si può stabilire da quanto tempo giri .... forse da sempre.
Se lo bloccassimo potremmo misurare l'angolo di fase α ma che ore sono veramente ? Questo orologio misura solo la fase α. In quale delle innumerevoli volte in cui questa fase è stata raggiunta mi trovo ora ?
Abbiamo l'impressione che qualcosa accada ma stiamo veramente vivendo nel tempo?



FREQUENZA E INDETERMINAZIONE TEMPORALE

Vediamo di catturare questo punto, di descrivere come gira.
Intanto potrei dire che la circonferenza ha un raggio di lunghezza ψ0 (pronuncia: psi con zero) che chiamiamo "modulo".
Ora mi manca qualcosa che descriva la velocità di rotazione del punto.
Potrei cogliere il momento in cui il punto passa per A, aspettare un po di tempo contando il numero di giri in un secondo e chiamare il risultato "frequenza", unità di misura: giri al secondo ovvero Herz.

"Se il punto gira lentamente cosa ci faccio con un secondo ? Per contare il numero di giri è meglio aspettare un minuto. Anzi, per aumentare la precisione sarebbe meglio aspettare un'ora. Più aspetto e più precisa è la conta" .
Ed ecco il "principio di indeterminazione".  Pensate che ancora ci sono fior di fisici che vanno dicendo che si tratta di un concetto che prescinde dal comune buon senso.
In sostanza il ragionamento è questo : se tu prendi una immaginaria macchina fotografica e fai un flash sul punto ruotante hai congelato un bel pò di informazioni. Sai l'istante di tempo esatto in cui hai preso la foto e dalla foto puoi ricavare il modulo e la fase della freccia che ruota ma dalla foto non puoi determinare la frequenza. La frequenza è totalmente indeterminata con questo esperimento.
Viceversa se fai un altro esperimento, aspetti un'ora e conti 521 giri , sei abbastanza preciso sulla frequenza ma non puoi rispondere alla domanda : " In che istante ho misurato la frequenza ? "
In un esperimento o è determinato l'istante di tempo od è determinata la frequenza ma non tutte e due contemporaneamente.
Nella definizione di frequenza c'è qualcosa di sottile che prescinde dal tempo.
La frequenza "istantanea" non ha senso, non è una variabile fisica.
Aggiungo un particolare tecnico. I fisici amano misurare la frequenza in angoli (radianti) al secondo, indicarla con la lettera greca omega ω e chiamarla "pulsazione". Si tratta concettualmente sempre della stessa cosa quindi da questo momento considereremo analoghe frequenza e pulsazione.
La comodità di lavorare con la pulsazione ω è che esiste una semplice relazione fra ω, l'intervallo di tempo t (da ora in poi il delta è sottinteso) e la fase α accumulata nell'intervallo di tempo :

α = ω t

Questa formula ovvia e semplicissima è di una importanza inimmaginabile e bisogna osservarla e ricordarla.

Esempio: se la pulsazione ω = 3 radianti/sec in un tempo t = 2 sec si accumula un angolo di fase α = 2 x 3 = 6 radianti. Banale no?
Faremo ancora un lungo giro per i meandri della fisica e quando ritroveremo questa formula saremo alla fine di questi appunti.
Come sempre la verità è davanti agli occhi e non la vediamo.

 

 

OSCILLATORE

Adesso aggiungiamo un particolare al nostro disegno:
C'è un nuovo asse sulla destra e su di esso viene proiettato il moto circolare del punto P. Con un solo asse abbiamo perso una dimensione e adesso il punto P oscilla su e giù tra M e N con un movimento strano, irregolare.
Mentre prima P si muoveva a velocità costante sulla circonferenza, la sua proiezione va più veloce quando si trova nei pressi di A mentre in M e N rallenta e sembra fermarsi un attimo prima di cambiare verso.
Mentre prima il modulo OP era costante adesso l'ampiezza dell'oscillazione AP varia da zero al modulo AM e cambia anche di segno quando passa sotto l'origine A.

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Sono gli scherzi delle dimensioni : quando la tua visuale si restringe il mondo ti sembra più strano e meno armonico.
Visto che il punto P ora oscilla, chiameremo il nuovo oggetto "oscillatore".
Ci sono molti oscillatori in giro ? Moltissimi, credimi.
Una comune altalena, un pendolo, la corda di un violino, una barca in un mare ondoso, il moto dei pianeti e così via all'infinito.
Ti presento un oscillatore che pulsa ad una frequenza folle: l'elettrone pulsa a 120.000.000.000.000.000.000 Herz .
Che senso ha la nostra percezione del tempo per questo oscillatore ?
Visto che si tratta di una frequenza assurda ,  la percepiamo come energia interna o meglio come massa dell'elettrone.

 

 

SINUSOIDE TEMPORALE

Aggiungiamo un ultimo particolare.
Attaccata al punto oscillante adesso c'è una penna che scrive su una striscia di carta che scorre uniformemente verso destra: una registrazione su carta del moto dell'oscillatore.
La penna va su e giù e la carta scorre da sinistra a destra.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236199768974/onde/Onde_html_73d38524.gif

                                                                                                                                                                                          Tempo

Chiaramente nel grafico sulle ascisse c'è il tempo (magari in secondi) e in ordinate l'oscillazione della penna .
La figura che viene fuori è molto sofisticata ed elegante: si chiama "sinusoide temporale".
Anche la sinusoide ha le stesse caratteristiche dell'oscillatore: l'ampiezza oscilla come l'ampiezza dell'oscillatore, la frequenza è facilmente deducibile dal diagramma contando le figure che si ripetono in un certo tempo, la differenza di fase è anch'essa facilmente deducibile.
Notiamo che la sinusoide temporale assomiglia ad un'onda ma non è un'onda, è una registrazione.


 

SOMMA DI OSCILLATORI

Andiamo subito ad osservare l'importanza della fase (angolo di fase).
In fisica classica uno più uno fa due. Sommando una mela a un'altra mela si hanno due mele.
Ma se il mondo è fatto di vettori ruotanti od oscillatori questo non è più vero.
La somma di oscillatori si chiama interferenza.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236200144482/onde/Onde_html_5a3737a.gif

 

Nella figura sopra i vettori sono due : P1 e P2. Supponiamo che il modulo di ognuno di essi valga uno.
La somma di vettori si fa con la regola del parallelogramma: P3 = P1 + P2 (ricorda quanto studiato a scuola a proposito della somma di forze).
E' quindi chiaro che il modulo di P3 dipende dalla posizione dei due vettori P1 e P2 (si dice che dipende dallo sfasamento o differenza di fase fra P1 e P2). Se P1 e P2 fossero opposti l'uno all'altro (si dice in opposizione di fase) la loro somma sarebbe zero. Se P1 e P2 sono sovrapposti la loro somma fa due.
Nel mondo dei vettori e delle onde uno più uno può quindi fare un numero da 0 a 2 a seconda della differenza di fase fra i due vettori. Questo fatto produce molti casi diversi che andiamo ad osservare.

Stessa frequenza
P1 e P2 sono due vettori che ruotano alla stessa velocità (ovvero hanno la stessa frequenza) e quindi il loro sfasamento si mantiene costante.
La loro somma è un oscillatore che pulsa ancora alla stessa frequenza. E' un po come due persone che si intendono. Il risultato della loro discussione è comprensibile: se poi tirano dalla stessa parte il risultato (il modulo del risultato, in rosso nelle due figure che seguono) può essere vicino a due (si chiama "interferenza costruttiva", prima figura), se tendono a tirare in direzione opposta il risultato è vicino a zero (si chiama "interferenza distruttiva", seconda figura).

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https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236200535961/onde/Onde_html_m72c7bf6b.gif

 

 

 

Frequenza diversa
Vediamo il caso di due vettori che girano a frequenza diversa . La loro somma non è stabile e il punto ruotante somma non descrive un cerchio ma una spirale.
La registrazione della somma non è più una sinusoide, forse non è neanche una figura periodica e quindi non ha una frequenza e neanche una fase. In altri termini è un risultato apparentemente con poco senso.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236201010389/onde/Onde_html_5bdb7d01.gif

 

La difficoltà si accentua se i vettori ruotanti a frequenze diverse sono molti. In questo caso la somma è uno sgorbio insensato e lo percepiamo come rumore.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236201099227/onde/Onde_html_m32ba4535.gif

Rumore

Il rumore in natura esiste ed è frequentissimo ma per fortuna ha la caratteristica di essere basso perchè l'interferenza di molte onde, diverse fra loro, finisce (per ragioni statistiche) per produrre mediamente un risultato quasi nullo.
Attenzione: ho detto "quasi". Non è possibile statisticamente ottenere dalla confusione totale un risultato perfettamente nullo.
In Natura il nulla non esiste. Esiste un leggero rumore di fondo, somma di innumerevoli fenomeni.
Il nostro cervello impara dalla nascita ad estrarre qualche informazione ed eliminare il resto. Vengono eliminati i rumori nei suoni, nelle visioni, nei ricordi, nelle idee. Gli uomini ingegnosi fanno di più e riescono a tirar fuori le cose essenziali dal rumore superfluo. Vengono estratte informazioni finché il cervello ce la fa a cercare il senso delle cose.

Battimento
C'è un caso particolare in cui la somma di sinusoidi a frequenza diversa sembra avere senso: le due frequenze sono molto vicine . Si ottiene una misteriosa figura detta battimento apparentemente periodica.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236201422539/onde/Onde_html_97fb0cb.gif

Chi la osserva percepisce due frequenze. La frequenza più alta (i picchi vicini) coincide con quella media delle due sinusoidi iniziali, la seconda è più bassa (i gruppi di onde che si ripetono) e corrisponde alla semidifferenza di frequenza fra le due sinusoidi sommate.
Ad esempio se la prima prima sinusoide ha frequenza 102 Hz e la seconda ha frequenza 100 Hz, otteniamo un battimento con alta frequenza di (100+102)/2 = 101 Hz mentre la bassa frequenza del battimento è (102-100)/2 = 1 Hz.
Questa misteriosa figura assomiglia ad una serie di scariche. Ogni scarica inizia con rapidissime vibrazioni prima crescenti e poi decrescenti.
Credo che la tua sensibilità si sia allertata alla vista del battimento.
Hai ragione: è un fenomeno a cui dobbiamo prestare attenzione in particolare quando viene associato all'effetto Doppler di cui parleremo fra poco.

 

IL MONDO DEGLI SPETTRI

Nel mondo reale gli oscillatori a frequenze diverse si sprecano e abbiamo visto che la loro interferenza assomiglia più ad un rumore che ad una cosa sensata.
Adesso vogliamo un modo razionale per analizzare il rumore. La rappresentazione attraverso frecce rotanti non è un gran che perché esse si rincorrono, si superano e si sommano in modo sempre diverso.
Ma non c'è proprio modo di descrivere un complesso di oscillatori a diversa frequenza ? Beh un modo c'è ed è stato inventato da un grande matematico, ingegnere e filosofo francese, che visse ai tempi della rivoluzione e per un pelo non fu ghigliottinato da Robespierre (non andò così bene al padre della chimica Lavoisier preso di mira da Marat).

 

Fourier (1768-1830) costruì una teoria complessa e misteriosa con risvolti filosofici profondissimi.
Noi per formarci un'immagine guarderemo la figura seguente

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236201862323/onde/Onde_html_m4ba10eee.gif

 

Da sinistra un rumore entra nella macchina matematica di Fourier (detta trasformata di Fourier) che funziona da filtro. Dall'altra parte escono ben distinte le sinusoidi che compongono il rumore.
Con queste sinusoidi si costruisce un grafico, detto "spettro" che mette in evidenza le caratteristiche delle sinusoidi selezionate cioè la frequenza, l'ampiezza e la fase (non mostrata in figura).
Per esempio lo spettro mostrato si legge così : abbiamo messo nel paniere due sinusoidi, una con frequenza 10 e ampiezza 2, l'altra con frequenza 20 e ampiezza 4. Una bella comodità per dare un senso al rumore !

Ma c'è molto di più: se dentro scatola di Fourier mettiamo un sistema fisico (lineare) e lo sollecitiamo dall'esterno, Fourier ci informa che la conoscenza dello spettro corrisponde ad una conoscenza completa della dinamica del sistema del tutto sostituibile con la conoscenza delle equazioni che lo governano. In altri termini, pur non sapendo cosa abbiamo messo dentro la scatola di Fourier, siamo in grado di calcolare con precisione come tale sistema si comporterà. La conoscenza dello spettro equivale ad avere studiato il sistema in esame ed avere trovato un modello matematico che lo rappresenti.
Questa scoperta è veramente sconvolgente dal punto di vista filosofico.
Al limite potremmo pensare che la fisica possa andare avanti senza saper nulla del mondo reale ma raccogliendo spettri e prevedendo con esattezza quello che sta per accadere. Gli spettri possono diventare il condensato della nostra conoscenza del mondo specialmente quando i sistemi diventano così piccoli da essere inaccessibili come nella fisica delle particelle.
Se la trasformata di Fourier è la porta che immette dallo spaziotempo al mondo degli spettri, Fourier costruì anche la porta per uscirne (antitrasformata di Fourier) ma è piuttosto stretta per cui accade che chi entra nel mondo degli spettri spesso ci rimanga.
La gente che lavora con gli spettri dopo un po subisce una strana metamorfosi: si comporta come se il tempo non esistesse ed al suo posto ci fossero solo le frequenze. Il mondo degli spettri è utile e stranamente sta in piedi
anche senza il tempo.

La nostra ψ è una frequentatrice assidua di questo mondo senza tempo.



 

ONDE PROGRESSIVE

Adesso poniamo un oscillatore nello spaziotempo. Cosa accade ?  Qualcosa si propaga in tutte le direzioni.

Per agevolare la comprensione facciamo una approssimazione. Facciamo finta che lo spazio non abbia 3 dimensioni ma una sola, cioè non sia un volume ma una linea orizzontale.

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Guardando notiamo che la cosa che si propaga assomiglia ad una sinusoide ma ora non è più una sinusoide temporale, E' come un oggetto rigido in fil di ferro che si muove lentamente da sinistra a destra sullo sfondo fermo.
Si chiama "onda progressiva".
L'onda progressiva di ψ è il mattone della fisica quantistica. Ogni minuto perso a vederla scorrere è un minuto guadagnato.
Nota che la figura sembra la stessa di quella dell'oscillatore di prima ma adesso le righe verticali sono ferme e l'onda progressiva si muove rispetto allo sfondo.
La distanza fra due righe verticali non è più un secondo ma un metro.
La figura sopra potrebbe rappresentare la fotografia dell'onda progressiva scattata in un certo istante, un'onda progressiva ferma che chiamiamo "sinusoide spaziale".
Bene, che cosa si può misurare di questa sinusoide spaziale ?  Due cose : una è la solita ampiezza con valore massimo uguale al modulo ψ0 l'altra è il numero di cicli al metro.
Il numero di cicli al metro è una quantità molto importante e si chiama "numero d'onde" (qualche volta viene riferito il suo inverso che è la "lunghezza d'onda").
Si tratta dell'esatto corrispondente della frequenza dell'oscillatore ma c'è lo spazio al posto del tempo.
E' chiaro che la frequenza ed il numero d'onde si integrano nel concetto di onda progressiva e questo è importante.
Adesso torniamo alla fotografia dell'onda progressiva.
Posso stabilire il momento in cui ho scattato la foto ma posso anche dire in che punto dello spazio si trova l'onda ? Ebbene no. Solo l'istante e il numero d'onde.
Allora completiamo il cosiddetto principio di indeterminazione .
"La frequenza è compatibile con la posizione ma non col tempo, il numero d'onde è compatibile con il tempo ma non con la posizione".
Come vedi il principio di indeterminazione non è un arcano incantesimo inventato dalla fisica quantistica: tutti i fenomeni caratterizzati da onde lo subiscono.

La funzione di quest'onda progressiva è di mettere in contatto due oscillatori alla stessa frequenza e più precisamente di stabilire una relazione fra le fasi di due oscillatori per cui le daremo un nome significativo : "propagatore".

 

CONDIZIONI AL CONTORNO

Se guardiamo bene la figura dell'onda progressiva, notiamo che gli oscillatori sono due, uno a sinistra e uno a destra e che il primo emette l'onda progressiva mentre il secondo la assorbe e la subisce.
L'operazione si chiama "accoppiamento". Il primo oscillatore sulla sinistra lo chiamiamo "emettitore" il secondo sulla destra "ricevitore".
L'equivalente meccanico di questo fenomeno è un buon portiere che afferra saldamente una palla assorbendo col suo corpo tutta l'energia.
Tuttavia non tutti i ricevitori sono uguali e quindi non tutti gli accoppiamenti sono simili.
Ad esempio il ricevitore potrebbe ignorare l'onda progressiva come un portiere che manca la palla. In questo caso l'onda progressiva proseguirebbe indisturbata senza cedere alcuna energia.
La palla potrebbe altresì colpire il palo della porta ed essere riflessa all'indietro anche questa volta senza cedere alcuna energia (il palo l'ha restituita elasticamente).
Sono possibili tanti casi intermedi come il portiere che prende la palla ma, non riuscendo ad assorbire tutta l'energia, se la lascia sfuggire.
Addirittura potremmo avere un portiere che blocca la palla, si guarda attorno e quindi la calcia nuovamente in una qualunque direzione.
Tutte queste combinazioni, si chiamano "condizioni al contorno" dell'equazione differenziale delle onde e sono importanti per stabilire che fine farà l'onda.
Potrebbe sembrare facile stabilire volta per volta le condizioni al contorno di un problema ma ce ne sono alcune, ad esempio al centro di un elettrone, che sono un vero rompicapo e costituiscono la frontiera della fisica.

 

PROPAGATORE NON LOCALE

Adesso dobbiamo affrontare il problema più misterioso della meccanica quantistica su cui torneremo in seguito : il propagatore non locale.
Visto che si tratta di una cosa importante riporto una figura esplicativa.
Supponiamo che un'onda progressiva (o propagatore), come quelle che abbiamo già osservato, porti informazioni (su frequenza, fase ed ampiezza) da un oscillatore A in un punto dello spazio ad un oscillatore B in un altro punto dello spazio (vedi figura denominata PRIMA).

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Metti che ad un certo istante l'oscillatore A aumenti la sua frequenza di vibrazione (vedi figura denominata DOPO).
Nel caso di un'onda classica questa informazione si propaga con un fronte d'onda (punto C) ad una certa velocità inferiore o uguale a quella della luce per cui l'oscillatore B deve attendere un periodo più o meno lungo prima di venirne a conoscenza. Alla sinistra del fronte C di propagazione l'onda vibra ad alta frequenza mentre a destra vibra ancora a bassa frequenza.
Al contrario un'onda non locale si adegua immediatamente alla nuova frequenza ed istantaneamente ne informa l'oscillatore B anche se questo è distante milioni di anni luce. Non esiste un fronte d'onda in moto. Attraverso il propagatore tutto l'universo è in presa diretta !
Fenomeni analoghi sono stat rilevati cambiando la condizione al contorno in B.  Immediatamente l'onda su tutto il percorso si adegua.
Sembra che il mondo degli spettri di Fourier abbia trovato modo di insinuarsi nel mondo reale e ci propone fenomeni fuori dal tempo.

Se ci fai caso un'onda atemporale è più semplice da studiare e non è difficile da immaginare. Infatti siamo abituati a pensare ad effetti istantanei quando ci muoviamo nel nostro ambito domestico. Ad esempio se giri l'interruttore sembra che istantaneamente si accenda ovunque la luce.
Bene: un propagatore non locale accende istantaneamente la luce in tutto l'universo.  Come poi faccia veramente non è affatto ovvio nè attualmente c'è modo di sfruttare praticamente questa possibilità di trasmissione istantanea delle informazioni.
Tuttavia ci provano in tanti e prima o dopo...

 

ONDE STAZIONARIE

Spesso l'onda progressiva emessa da un oscillatore (onda diretta) incontra un ostacolo e viene riflessa in direzione opposta senza scambio di energia.
L'onda riflessa si somma all'onda diretta e il risultato è sorprendente.
Si chiama "onda stazionaria" e non si muove. Pulsa e non si muove.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236203233134/onde/Onde_html_m87370f4.gif

 

Osserva attentamente il programma ONDE sommando punto per punto il valore dell'onda diretta e quella riflessa.
Credo che con l'intuito scoprirai perché la somma non si muove nello spazio.
Per me la prima volta è stata un'emozione.
Infatti noi sappiamo già che qualcosa che pulsa e non si muove è un oscillatore.
Bene, l'onda stazionaria è un oscillatore esteso in un certo spazio (piccolo come una particella o grande come l'universo).
Così il cerchio si chiude:
Siamo partiti da un oscillatore fermo e abbiamo scoperto che nello spaziotempo emette onde progressive.
Ora abbiamo scoperto che la somma di onde progressive dirette e riflesse da certe condizioni al contorno appare come un oscillatore fermo.
Morale: non c'è niente di fermo, l'oscillatore sembra fermo ma in realtà ha una struttura interna in cui onde progressive dirette e riflesse si sommano dando l'impressione dell'immobilità.
Gli unici componenti del nostro panorama rimangono lo spazio, il tempo (o lo spaziotempo) e le onde progressive.

 

 

L'UNIVERSO QUANTIZZATO

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236203375635/onde/Onde_html_62b6aab.gif

L'altalena è un oscillatore e non può che oscillare ad una "frequenza propria" che dipende solo dalla lunghezza della corda (parola di Newton).
Per quanto la ragazza si agiti non può cambiare la frequenza propria dell'altalena né  una gradevole spinta di un forzuto ammiratore può avere miglior fortuna.
Se queste spinte fossero sincronizzate con la frequenza propria si avrebbe un effetto vistoso : l'altalena andrebbe in "risonanza" amplificando l'oscillazione.
Se invece queste spinte fossero date con una frequenza diversa, l'effetto sarebbe smorzato fino quasi a fermare l'altalena.
Se però il forzuto agisse con pazienza e provasse una frequenza dopo l'altra, l'altalena si comporterebbe come un filtro: ignorerebbe le spinte alle frequenze sbagliate e si gioverebbe dell'unica giusta per assorbire energia e andare in risonanza.
Ti chiedi: ma se l'altalena è ferma, ha ugualmente una frequenza propria ?
Risposta : si, la frequenza propria dipende dalla lunghezza della corda, è una caratteristica del sistema altalena e non dipende dal fatto che in questo momento ci si dondoli o meno.
Questo fatto è importante e fa della frequenza propria qualcosa di strutturale e tuttavia ipotetico, non necessariamente in atto.
Come già ti ho accennato il mondo delle frequenze e degli spettri vive in qualche modo fuori dal tempo.
Fuori dal tempo sarà infatti lo spettro dell'altalena: in ascisse mettiamo la frequenza (o la pulsazione) che il forzuto di volta in volta prova e in ordinate mettiamo l'effetto ottenuto.

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Come vedi a quasi tutte le frequenze ω l'effetto è quasi nullo ma quando ci si avvicina alla frequenza propria l'effetto cresce fino ad un massimo per poi diminuire.
Questa può essere una sorpresa. Ci saremmo magari aspettati che l'altalena rispondesse solo alla frequenza propria (solo una riga verticale nello spettro) ma ora vediamo che risponde con una certa indeterminazione in una zona attorno alla frequenza propria.
Poco fa, parlando del filtro matematico di Fourier ho commesso una imprecisione: lo spettro non è mai a barre, ogni picco assomiglia a una curva di Gauss più o meno allargata. Quindi anche i filtri matematici introducono una indeterminazione nello spazio e nel tempo, non si tratta di imprecisione della misura nè l'onda di per se ha una frequenza imprecisa, l'indeterminazione si crea quando un'onda interagisce con qualunque cosa.
Abbiamo osservato che l'oscillatore emettitore e l'oscillatore ricevitore per essere accoppiati devono avere la stessa frequenza di risonanza proprio come l'ammiratore e l'altalena. Se la frequenza di eccitazione non è la stessa della frequenza di risonanza l'oscillatore ricevitore semplicemente ignorerà l'onda in arrivo come il portiere che manca la palla.
Questo comportamento dell'oscillatore ricevitore fa si che esso stesso possa essere utilizzato come filtro.

Ad esempio se mandi la luce bianca del sole, che possiede una miscela di frequenze ossia di colori, attraverso una atmosfera che assorbe e riemette il blu, vedrai un cielo blu e così via per tutti i colori di tutti gli oggetti. D'altra parte la luce diretta del sole, privata del blu apparirà più rossa specialmente al tramonto quando gli strati di aria da attraversare sono più spessi.


C'è un'altra possibilità di utilizzo del ricevitore come strumento di misura della frequenza. Se l'ammiratore-emettitore avesse solo una frequenza a disposizione (un tipo poco elastico), la ragazza-ricevitore potrebbe, allungando e accorciando la corda dell'altalena, cercare di uguagliare la frequenza di risonanza dell'altalena alla frequenza dell'emettitore e quindi realizzare ugualmente l'accoppiamento. A questo punto la lunghezza della corda potrebbe essere presa come una misura della frequenza dell'emettitore.
Più o meno il filtro matematico di Fourier funziona allo stesso modo.

Se, come sembra, tutto l'universo è fatto di oscillatori, qualunque misura è naturalmente indeterminata.

 

 

L'OSCILLATORE DISTRIBUITO NELLO SPAZIO

Lasciamo l'altalena e torniamo all'oscillatore : l'onda stazionaria, somma di un'onda progressiva diretta e una riflessa.
Ci potremmo aspettare che l'ostacolo che ha riflesso quell'onda non sia solo alla nostra destra ma ce ne sia uno anche a sinistra, pronto anche lui a rimbalzare indietro l'onda riflessa.
In generale il numero di riflessioni in mancanza di perdite è infinito.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236203770255/onde/Onde_html_3c6e9ecf.gif

 

Come abbiamo già visto, ogni coppia di onde (una diretta e una riflessa) determina un'onda stazionaria quindi in questa specie di scatola avremo una infinità di onde stazionarie cioè una infinità di oscillatori tutti alla stessa frequenza ma sfasati fra di loro.
Osserviamoli con il sistema dei vettori ruotanti: una freccia per ogni oscillatore (quindi per ogni coppia di onde).
Come vedi dalla figura queste frecce, pur girando alla stessa frequenza, hanno fase casuale, tirano tutte in direzioni diverse e in genere non produrranno un bel nulla (o meglio produrranno un leggero rumore).

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236203845064/onde/Onde_html_72cce12f.gif

 

Oscillatori con fase casuale


L'effetto non cambia se proviamo con un'altra frequenza e un'altra ancora finché,sorpresa, per certe rare combinazioni della lunghezza dell'onda e della distanza fra le pareti, le frecce saranno tutte sovrapposte la loro somma sarà quindi una freccia molto grande (figura sotto).

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236203912850/onde/Onde_html_m6c05ed4f.gif


Oscillatori quasi in fase

A queste particolari frequenze dallo spettro si alzano alcuni sottili e altissimi picchi : le frequenze proprie dell'oscillatore distribuito nello spazio.
Chiameremo la prima da sinistra "fondamentale" e le altre "armoniche".
Abbiamo quindi scoperto che gli oscillatori estesi nello spazio non hanno una sola frequenza propria ma più frequenze proprie.

 

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1390588341740/onde/tre%20picchi.gif

 

Spettro dell'ampiezza di oscillazione in funzione della frequenza

Visto che la terminologia ricorda la musica, guardiamo una corda di pianoforte sollecitata da una sola delle frequenze proprie del suo spettro.

Sotto sono riportati tre casi: in ognuno si mostra la forma della corda che vibra su e giù come un'onda stazionaria a 3 diverse frequenze proprie di risonanza.
Nota che i tre casi sotto mostrati potevano essere facilmente indovinati a partire dalle condizioni al contorno: la corda di pianoforte è fissa agli estremi e lì non può oscillare. A questo punto non devi fare altro che cacciare nella corda tutte le forme d'onda che agli estremi non vibrino. Funzionano tutte.

https://sites.google.com/site/ilfantasmadelletere/_/rsrc/1236204260909/onde/Onde_html_357e65eb.gif

forme assunte dalla corda vincolata agli estremi ad ognuna delle frequenze proprie

Senza saperne di più possiamo rispondere alla domanda: quante sono le frequenze proprie ? Sono infinite perché alzando la frequenza di queste combinazioni ne troviamo sempre altre. Quindi alla fine avremo uno spettro con infiniti picchi gaussiani tutti ben distinti e lontani fra loro.
Se esaminassimo l'energia cinetica associata ad ogni modo di vibrazione noteremmo che, a parità di ampiezza, l'energia legata alla fondamentale è più bassa delle altre perché la corda si muove più lentamente.
Come già accaduto per l'altalena le frequenze proprie della corda di pianoforte sono tutte quelle teoricamente possibili ma non è detto che la corda stia vibrando.
Per farla vibrare occorre sollecitarla ad una delle frequenze proprie e allora si avrà una risposta alla stessa frequenza.
In realtà come sai la corda di pianoforte non viene sollecitata con una sinusoide, viene solo battuta da un martelletto, quindi le viene conferita energia in una forma disordinata.
In questo caso la Natura deve decidere su quali frequenze distribuire l'energia a disposizione. Ebbene la Natura manifesta una preferenza per la nota fondamentale, quella a più bassa energia. Pertanto verrà fuori una nota fondamentale con grande ampiezza più le armoniche con oscillazioni via via più piccoline. Questa somma di suoni è il timbro del pianoforte (in realtà ci sarebbe anche la vibrazione indotta nella cassa di legno ma lasciamo perdere).

Se lo spettro si riferisce ad una struttura microscopica (ad esempio ad un atomo) i picchi sono sottilissimi e altissimi perchè a livello atomico l'attrito non esiste.
Io che sono una struttura macroscopica non vedo bene i dettagli dello spettro.
Allora faccio una serie di affermazioni:
1- Un oscillatore non risponde ugualmente a qualunque frequenza ma solo a certe particolari frequenze proprie dettate dalle condizioni al contorno.
2 - La frequenza di un oscillatore è quantizzata, cioè non è una variabile continua (come la lunghezza) ma assume solo certi particolari valori.
Ambedue le affermazioni sono giuste ma la prima fa riferimento al fenomeno ondulatorio così come effettivamente avviene mentre la seconda introduce un modo di pensare a mio avviso astratto e fuorviante, come se la Natura fosse veramente discontinua (invece appare discontinua a me che sono un po troppo voluminoso)

Ma quanti sono questi oscillatori ? Non ci crederai ma al livello microscopico pulsa tutto, ma proprio tutto. E' il modo di esprimersi della Natura.

 

 

 

Lo spazio tridimensionale

Abbiamo già considerato lo http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.giflo spazio tridimensionale; abbiamo visto come si può definire per esso una http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifdistanza; abbiamo considerato alcuni problemi legati alla realizzazione di http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifrappresentazioni cartografiche piane di figure in tre dimensioni; e abbiamo visto come determinare il http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifvolume di alcuni solidi, anche nel caso in cui possono essere "generati" col movimenti di alcune superfici piane (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif altri usi degli integrali). Abbiamo, anche, considerato la problematica delle rappresentazioni prospettiche (nelle voci http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifproiezioni tra superfici  e  prospettiva).
    Abbiamo, poi, accennato alla possibilità di considerare http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
vettori in tre dimensioni. Soffermiamoci, inizialmente, su quest'ultimo aspetto.
    Premettiamo una notazione, che può essere utile. Quando si considerano due insiemi A e B, l'insieme delle coppie (x, y) al variare di x in A ed y in B viene indicato A×B. Analogamente, dato un altro insieme C, con A×B×C si indica l'insieme delle terne (x, y, z) al variare di x in A, y in B e z in C. In particolare il piano e lo spazio cartesiani vengono indicati R×R e R×R×R o, più in breve, e .  Data le analogie di scrittura con la moltiplicazione tra numeri, A×B viene chiamato prodotto cartesiano degli insiemi A e B; non valgono, tuttavia, tutte le proprietà della moltiplicazione tra numeri, ad esempio se A={1,2} e B={5}, A×B è l'insieme delle due coppie (1,5) e (2,5), che è diverso da B×A, costituito dalle due coppie (5,1) e (5,2).

#1  I vettori tridimensionali

Per rappresentare e misurare molte grandezze fisiche, come forze o velocità, ci si serve di vettori piani se queste sono dirette lungo direzioni che stanno tutte nello stesso piano, di vettori tridimensionali in generale.  Come abbiamo già visto, possiamo rappresentare i vettori in vari modi: con delle frecce sovrapposte, come differenze tra punti, con delle lettere in corsivo o con delle lettere in grassetto.  In questa voce, quando useremo delle lettere in grassetto intenderemo sempre che esse rappresentino dei vettori.  Useremo, in particolare, i, j e k per indicare i versori (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif direz. e funz. circolari) degli assi, ossia i vettori lunghi 1 (o vettori unitari) diretti come i tre assi coordinati  (attenzione: i in questo caso rappresenta il versore dell'asse x, non quello dell'asse y, come accade quando si studiano i http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifnumeri complessi).
    Facendo riferimento alla figura a fianco, i vettori 2i, 3j e k sono i vettori diretti come i, j e k di lunghezza, ordinatamente, doppia, tripla ed uguale ad essi. Il vettore (0,0,0)-(2,3,1) posso rappresentarlo con la somma 2i+3j+k.

    i = (1, 0, 0)
    j = (0, 1, 0)
    k = (0, 0, 1)

 http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector1.gif

 

    Ricordiamo (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif vettori) che la "lunghezza" del vettore v, ossia, nel caso precedente, il numero √(22+32+1) (= √14 = 3.741657…), viene chiamata modulo di v; si usa anche il termine norma di v. Essa viene indicata |v| o ||v||.  Usando la seconda scrittura,  ||(x, y, z)|| = √(x2+y2+z2).
    Nel seguito consideremo i vettori come "non applicati" (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
vettori), ovvero come se tutti fossero applicati nell'origine. In altre parole consideremo due vettori uguali se rappresentati da due frecce egualmente dirette ed egualmente lunghe.
    (0,0,0) è l'unico vettore di modulo nullo. In modo ovvio si estendono al caso tridimensionale le definizioni già date per il caso bidimensionale, come quelle di (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
vettori) addizione e sottrazione. Il vettore (0,0,0) è l'elemento http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai3.gifneutro rispetto a questa addizione, e lo indicheremo anche, semplicemente, con 0.
    Ricordiamo che spesso chiameremo scalari (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
vettori) i numeri reali, per distinguerli dai vettori. Useremo la notazione  kv  per indicare il vettore prodotto di uno scalare k per un vettore v, dato da (kv1, kv2, kv3)  (se v = (v1,v2,v3)).

   http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector2.gif

 

    Se v0 chiamiamo normalizzazione di v il passaggio a  v / ||v||,  ossia al versore diretto come v.  Le componenti del versore u ottenuto normalizzando v = (v1,v2,v3) vengono dette anche coseni direttori di v in quanto sono dati dal coseno degli angoli che v forma con i tre assi coordinati:  ui = cos(∠ v xi)  (avendo indicato gli assi x, y e z con x1, x2 e x3).
La figura a lato illustra il caso di u3. Con un'analoga costruzione si possono illustrare gli altri due casi.
Si noti che posso scrivere sia  cos(∠ v xi)  che  cos(∠ xi v)  in quanto cos(α) = cos(–α).

   http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/cosdir.gif

    Una somma del tipo  a1v1+a2v2+…+anvn  (con ai numeri reali e vi vettori) viene detta combinazione lineare dei vettori v1, v2, …, vn.  Evidentemente, ogni vettore può essere espresso (in modo unico) come combinazione lineare di i, j e k.

#2  Viene chiamato prodotto scalare o prodotto interno (o dot product, in inglese) di due vettori u e v,  e indicato u·v,  il numero pari al prodotto del modulo di u per la proiezione di v su u:  vedi la prima figura sottostante  (qualche decennio fa esso veniva indicato u×v, notazione oggi usata per il prodotto vettoriale: vedi il prossimo paragrafo).  Se u e v sono perpendicolari il loro prodotto scalare (2ª figura) è nullo.  Se u e v formano un angolo minore di un retto hanno prodotto scalare positivo.  Se (3ª figura) u e v formano un angolo compreso tra un retto e un piatto hanno prodotto scalare negativo.  Se (4ª figura) u e v formano un angolo maggiore di un piatto ci possiamo ricondurre ad una delle situazioni precedenti.  Se u o v è nullo tale è anche il loro prodotto scalare.

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector4.gif 

 http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector5c.gif

 http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector5.gif 

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector5b.gif

    In fisica, se F rappresenta un vettore forza costante applicato per produrre uno spostamento s, si prende come lavoro il prodotto tra la componente di F diretta come s e l'intensità di s, ossia il prodotto scalare s·F.

    La proiezione di un vettore su un'altro è data dalla moltiplicazione di essi e del coseno dell'angolo da essi formato (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif direz. e funz. circolari); il valore di questo non dipende dall'ordine con cui prendiamo gli angoli (cos(α) = cos(−α)), per cui possiamo anche scrivere:
u·v = u·v = 0 se u = 0 o v = 0,  altrimenti u·v = ||u|| ||v|| cos(θ), dove θ è ∠
uv o, equivalenemente, ∠vu.
    Nei casi estremi (i vettori sono paralleli o perpendicolari) è facile vedere che la definizione precedente di prodotto scalare equivale alla seguente:
u·v = u1 v1 + u2 v2 + u3 v3,  se u = (u1, u2, u3), v = (v1, v2, v3).
    Questa proprietà e la seguente:   u · (v + w) = u · v + u · w    (la possibilità di distribuire il prodotto scalare rispetto alla somma) valgono in generale   (prova a dimostrarlo; controlla
qui le dimostrazioni richieste).

    Si può dimostrare che la distanza tra due punti P e Q sulla sfera unitaria è data dall'arcocoseno del prodotto scalare tra P e Q.

#3  Viene chiamato prodotto vettoriale (o cross product, in inglese) di due vettori u e v,  e indicato u×v,  il vettore  che ha intensità pari all'area del parallelogramma che ha per lati u e v e che è diretto secondo la "regola della mano destra" − vedi la figura sottostante − ossia come è diretto l'asse z se u e v sono diretti come l'asse x e l'asse y  (un tempo veniva indicato u∧v).  Se uno dei due vettori, u e v, è nullo o se i due vettori sono allineati, il loro prodotto vettoriale è il vettore nullo.

     http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector8.gif

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector9.gif

Nella figura a destra è illustrato il caso in cui u = (0, 2.5, 1) e v = (0, 2, 2). Il prodotto u×v è (3, 0, 0).
    La cosa può essere facilmente verificata direttamente, o come coseguenza del seguente fatto, la dimostrazione del quale lasciamo per esercizio (
qui può essere controllata):

 

u × v = 

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i

   

j

   

k

 

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  se u = (ux, uy, uz), v = (vx, vy, vz)

ux

uy

uz

vx

vy

vz

dove l'oggetto 3×3 rappresentato sopra (detto determinante, su cui ci si sofferma più in generale alla voce http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifmatrici) è una abbreviazione per  i (uyvz − uzvy) − j (uxvz − uzvx) + k (uxvy − uyvx),  che è facile memorizzare pensando allo schema seguente:

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 i 

   

j

   

k

 

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i

   

 j 

   

k

 

|
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|

 

 i 

   

j

   

k

 

|
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|

ux

uy

uz

ux

uy

uz

ux

uy

uz

vx

vy

vz

vx

vy

vz

vx

vy

vz

    Verifichiamo, usando questa proprietà, che se  u = (0, 2.5, 1)  e  v = (0, 2, 2)  allora  u×v  è  (3, 0, 0):

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|

 

i

  

j

  

k

 

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 =  i (2.5·2 − 1·2) − j (0·2 − 0·1) + k (0·2 − 0·2.5)

 = 3 i

0

2.5

1

0

2

2

    Il prodotto vettoriale è definito solo nel caso tridimensionale (se ho due vettori non paralleli il loro prodotto vettoriale esce necessariamente dal piano da essi individuato).

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector10.gif  

    Si ha, immediatamente, che i×i = j×j = k×k = 0, i×j = k, j×i = −k,
    Si ha inoltre (vedi figura a sinistra) che anche per il proddoto vettoriale vale la proprietà distributiva  (se aggiungo w a v l'area del parallelogramma cresce in proporzione):
      u × (v + w) = u × v +
u × w

 

    Si ha inoltre (vedi figura a destra) che  w ·(u × v)  equivale al volume del parallelepipedo avente i tre vettori come lati  (u×v ha come modulo l'area di una faccia ed è diretto perpendicolarmente a questa; il suo prodotto scalare per w è pari al prodotto del suo modulo per la componente di w perpendicolare alla faccia).  Considerando in diverso ordine i lati del parallelepipedo, possiamo esprimere, equivalentemente, tale volume come  u ·(v × w)  o come  v ·(w × u).

 

  http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector11.gif

#4  I prodotti vettoriali sono importantissimi in fisica, per indicare grandezze e relazioni tra esse. Qui ci limitiamo a considerare il momento di una forza, generalizzando considerazioni già svolte in precedenza (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif proporzionalità inversa e figure 2):  il momento M di una forza F applicata nel punto P attorno al punto P0 è espresso dalla equazione  M = (P − P0) × F.  Esso è un vettore che ha intensità pari alla distanza P0H tra la retta lungo cui è applicata F e il punto P moltiplicata per l'intensità di F (come avevamo già visto),  ed è diretto come illustrato nella figura a fianco, perpendicolarmente al piano individuato da F e P0.
    Accanto ai vettori in sono considerati i vettori in Rn con n > 3. Essi si occupano di n-uple di numeri reali e di tabelle di dimensioni maggiori di quelle 3×3, qui considerate. Trovano applicazioni, tra l'altro, in statistica e in economia, oltre che in vari ambiti algebrici e geometrici. Se proseguirai gli studi in ambito matematico avrai occasione di esaminare queste generalizzazioni.

  http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/vector13.gif

    Ricordiamo che i punti dello spazio sono descrivibili anche mediante coordinate sferiche, in modo analogo a quanto visto per le coordinate polari nel caso di http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai3.gif punti del piano: si prende l'asse z come asse polare, si considera come ρ la distanza dall'origine e si prendono come altre due coordinate la longitudine (o azimut) e la colatitudine (ossia il complementare della latitudine: http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.giflo spazio).

#5  Rette e piani

Una retta nello spazio può facilmente essere descritta generalizzando quanto fatto (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif rette tangenti e curve) nel piano.  Ad esempio la retta che passa per i punti (3, 4, 0) e (2, 1, 3) è l'insieme dei punti P che possono essere raggiunti da (3, 4, 0) mediante spostamenti diretti come il http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gifvettore (3, 4, 0)-(2, 1, 3) o il vettore opposto:

  http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/retta.gif

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/retta2.gif  

  P = (3, 4, 0) + (−1, −3, 3)·t   ovvero, indicando P con (x, y, z),
    x = 3 − t
    y = 4 − 3t
    z = 3t.

Per t > 0 ho i punti che stanno sulla semieretta di origine (3, 4, 0) diretta come il vettore (−1, −3, 3), per t < 0 ho quelli che stanno sulla semiretta diretta come il vettore opposto.

    Vediamo come descrivere il piano che passa per i punti dei tre assi di ascissa 3, di ordinata 3 e di quota 3:

 

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/piano.gif  

esso è perpendicolare alla retta x = y = z raffigurata a lato, tra l'origine e il punto (5, 5, 5), ossia alla retta diretta come (1,1,1);  un punto P sta nel piano se il vettore da un punto del piano, ad es. (3,0,0), e P è perpendicolare a tale retta, ossia, indicato P con (x,y,z), se  http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai3.gif  (x−3, y, z) × (1,1,1) = 0, ossia  x−3+y+z = 0, ossia  x+y+z = 3.  Questa è l'equazione del nostro piano, ossia la descrizione di un punto (x,y,z) che sta in esso.
    In modo del tutto analogo si trova che il piano contenente il punto  (x0, y0, z0)  perpendicolare al vettore  (a,b,c)  ha equazione  a(x−x0) + b(y−x0) + c(z−x0) = 0 :
(x, y, z) che soddisfi questa equazione è tale che il prodotto scalare del vettore (x0,y0,z0)-(x,y,z) per il vettore (a,b,c) sia nullo. Ovviamente, ax+by+cz=m al variare di m sono tutti piani paralleli, perpendicolari al vettore (a,b,c).

Lo spazio tridimensionale (2ª parte)

#6  Grafici di funzioni di due variabili e superfici

Così come le rette non perpendicolari all'asse x sono interpretabili (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif figure 2) come grafici di funzioni ad un input ed un output reali, così i piani non perpendicolari al piano di input sono interpretabili come grafici di funzioni ad due input ed un output reali. Ad esempio il piano  x+y+z = 3,  ovvero  z = 3−(x+y),  considerato sopra, non è altro che il grafico della funzione  (x, y) → 3−(x+y).
    In analogia a quanto visto per il cerchio (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
figure 1), una sfera può non può essere pensata come il grafico di una funzione di due variabili, mentre possono esserlo o la semisfera che sta al di sopra del piano orizzontale che la taglia in due parti uguali o quella che sta al di sotto di essa.  Consideriamo il caso, più semplice, della sfera centrata in O = (0,0,0) e di raggio 1. Un punto P = (x,y,z) di essa (vedi figura sotto a destra) dista 1 da O, quindi, indicata con Q l'intersezione col piano z=0 della retta verticale passante per P, abbiamo:

OQ2 + z2 = 1,  ovvero, per il teorema di Pitagora,  x2 + y2 + z2 = 1.

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/emisfera.gif  http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/emisfer2.gif

Questa, ovvero, z2 = 1 − (x2 + y2), è l'equazione della sfera.
z = √(1 − (x2 + y2)) è l'equazione della semisfera rappresentata sopra a sinistra,  z = −√(1 − (x2 + y2)) è l'equazione della semisfera simmetrica alla precedente rispetto al piano z=0.  Questi sono due altri, semplici, esempi di funzioni a due input e un output reali.

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/emisfer3.gif   

    Di queste superfici sappiamo trovare facilmente le curve di livello (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif pendenze e curve di livello):  nel caso di un piano si tratta di rette tra loro parallele,  nel caso di una sfera si tratta di cerchi, se la quota sta tra la quota del punto più basso e quella del punto più alto della sfera, e di questi due stessi punti se le quote sono le loro terze coordinate (in corrispondenza di altre quote non vi sono curve di livello).  A lato è raffigurata la curva di livello che corrisponde alla quota z0, con z0 compreso tra 0 ed 1, della sfera considerata sopra.
    Consideriamo, ancora, alcune superfici, evitando di sviluppare una trattazione generale, che potrà essere affrontata successivamente, in studi specialistici, da parte di chi è interessato all'argomento.

 

#7  Sia  z = 5 − √(x2 + y2).  Osserviamo che z ≤ 5.  Inoltre se z = 5  x2 + y2 = 0, ossia l'intersezione col piano z = 5 è costituita dal solo punto x = 0, y = 0.  Se z = 4 abbiamo x2+y2 = 1, ossia il cerchio di raggio 1; se z = 3 abbiamo x2+y2 = 4, ossia il cerchio di raggio 2. Se z = z0 (< 5) abbiamo √(x2 + y2) = 5−z0, ossia il cerchio di raggio 5−z0.
Evidentemente, dato che z dipende da x2 + y2, si tratta di un solido di rotazione attorno all'asse z (http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
altri usi degli integrali).  Esso è generato dalla rotazione della curva che si ottiene intersecando la superficie col semipiano y=0, x≥0, ossia dalla rotazione della semiretta z = 5−x, x≥0 :  è un cono circolare retto.
    Consideriamo altre due superfici, raffigurate parzialmente sotto:  il grafico di  f : (x, y) → x2 + y2/4  e quello di  g : (x, y) → sin(x·y).

  http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/cono2.gif

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/parabo.gif    http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/senxy.gif

    La superficie z = x2 + y2/4 se la taglio col piano y = 0 dà luogo alla parabola verticale z = x2 (vedi figura), se la taglio col piano x = 0 dà luogo alla parabola verticale z = y2/4, se la taglio col piano z =1 dà luogo alla ellisse orizzontale 1 = x2 + y2/4.  Questa superficie viene chiamata paraboloide ellittico.

    La superficie z = sin(x·y) se la taglio col piano y = 0 dà luogo all'asse x, ossia alla retta  y=0 & z = 0,  se la taglio col piano x = 0 dà luogo all'asse y, ossia alla retta  x=0 & z = 0,  se la taglio col piano y = x dà luogo alla curva  y=x & z = sin(x2), raffigurata a destra.
    Il collegamento seguente, http://macosa.dima.unige.it/om/simboli/vai.gif
quadriche, presenta le forme che può assumere, in generale, una superficie descrivibile mediante una equazione polinomiale di secondo grado.
    Come ottenere grafici di funzioni di due variabili con R.

   http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/senxy2.gif

g <- function(x,y) sin(x*y)

x1 <- -3; x2 <- 3; y1 <- -3; y2 <- 3

x <- seq(x1,x2,len=30); y <- seq(y1,y2,len=30); z <- outer(x,y,g)

persp(x, y, z, theta=30, phi=30, expand=0.5, col="lightblue")

Suddivido i due intervalli in 30 intervallini
Metto in z le uscite della funzione
Traccio il grafico con una certa longitudine (theta)
            e una certa inclinazione (phi), in gradi
Con expand scelgo il rapporto tra alt. e largh. della figura
Con col scelgo il colore del grafico

http://macosa.dima.unige.it/om/voci/tred/senxy.png

 

 

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